Sembra proprio di no. Negli ultimi giorni infatti Facebook è stato al centro di un polverone mediatico che ha fatto ridiscutere in modo radicale la questione privacy, il diritto all’utilizzo dei dati personali, e l’assenza dello stato all’interno di entità sovrastatali come le grandi compagnie internazionali.
Ecco che dopo lo scandalo di Cambridge Analytica che ha portato addirittura Zuckerberg davanti alla corte europea, il New York Times rileva una nuova magagna per il social. L’azienda avrebbe infatti ceduto, senza alcun permesso, i nostri dati di utilizzo alle varie società proprietarie degli hardware sui quali la app Facebook gira. Informazioni private che venivano distribuite in modo di fatto illegale e che non era previste da alcun regolamento e contratto di utilizzo firmato.
I nomi coinvolti sono molto noti e si annoverano tra i primi smartphone che hanno visto l’arrivo del social, ancora in fasce all’epoca dell’accordo. Troviamo quindi BlackBerry e Apple, così come Amazon, Microsoft e Samsung. E’ stata proprio la Apple ha confermare l’esistenza di questo tipo di accordo, spiegando inoltre come sia terminato lo scorso settembre, lasciando Facebook con le spalle al muro a difendersi da nuove accuse di scarsa trasparenza e, in questo caso di vera e propria truffa.
L’azienda ha cercato di difendersi dicendo che era previsto che i dati non fossero utilizzati dalle aziende che li ricevevano, una giustificazione abbastanza posticcia, dato che non c’è alcun modo di controllare se l’utilizzo sia stato fatto o meno.
Ci sicuro questa, assieme alle altre problematiche danneggia notevolmente la faccia del social più famoso del mondo, portando gli utenti (in realtà abbastanza indifferenti) e soprattutto le autorità e porsi delle domande su quanto questo tipo di piattaforme siano state lasciate operare liberamente e senza alcun tipo di controllo per anni e anni fino a ritrovarci di fronte a una situazione paradossale, che viola tutte le leggi sulla privacy e i diritti dei consumatori.